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Progetto Qualità Integrata della AUSL di Teramo

Nel 2006 l'AUSL di Teramo ha varato il Progetto Qualità Integrata, che prevede quattro linee di azione, che, combinate, mirano a monitorare, gestire e migliorare organizzazione e servizi.

LE AZIONI
Come è nato il progetto

Nel 2006 l'AUSL di Teramo in collaborazione con l'Università degli Studi di Teramo ha realizzato alcuni corsi di formazione rivolti a medici di base e a direttori di dipartimento e di unità operative. I partecipanti hanno avuto l'occasione di riflettere e confrontarsi sulla gestione quotidiana del servizio erogato e su come migliorarlo. Sono nati suggerimenti, proposte, strategie possibili di miglioramento e idee per attività aziendali. Rielaborando quanto emerso alla luce anche della letteratura e di altre esperienze, l'Ufficio Formazione e Qualità assieme al coordinatore dei corsi ha tracciato le linee di un sistema di qualità, che, attraverso confronti successivi in Azienda, è sfociato nel Progetto Qualità Integrata.

L'approccio

L’impostazione è sostanzialmente quella del Continuous Quality Improvement (CQI) e della Clinical Governance: si conducono analisi, si fanno interventi organizzativi e azioni di comunicazione con l’intento di monitorare la qualità del servizio e gestirne l’erogazione in maniera partecipativa in modo che la qualità tenda sempre più all’eccellenza. L’esperienza mira a caratterizzarsi per tre elementi.

• Attenzione alla condizione degli utenti. Nei lavori di qualità in sanità si è affermato il principio della centralità della persona dell’utente. Generalmente però si tende a far riferimento a un utente astratto, inteso come uomo economico o razionale, tenendo in scarsa considerazione la condizione reale del malato, del ricoverato e dei suoi famigliari e il modo in cui le persone si rapportano alla malattia e al rischio esistenziale. Ad esempio, Caman (2000) in uno dei tentativi di definire la qualità ospedaliera scomponendola in dimensioni distingue cure infermieristiche, cure mediche, cibo, alloggio, strutture ospedaliere, preparazione delle dimissioni, come se gli utenti fossero freddi valutatori analitici dei processi di erogazione del servizio e non persone in una condizione inusuale (alle prese con un evento critico cui è difficile far fronte, incerte, ambivalenti nei confronti degli operatori e della struttura, ecc.). Si tratta di un limite serio: fino a che non riusciremo a mettere al centro le persone reali, molti sforzi risulteranno improduttivi, più formali che sostanziali. Per superare questo limite occorre innestare sul filone degli studi organizzativi e di marketing in tema di qualità e su quello della governance clinica le competenze psico-sociali di cui oggi disponiamo riguardo all’esperienza della malattia.

• Approccio ecologico. Per lo più gli sforzi di definire la qualità nella sanità individuandone precise dimensioni, almeno quelli fatti fino ai primi anni 2000 (cfr. ad esempio Donabedian, 1966; Maxwell, 1984; WHO, 1989; Ware e al., 1990; Hult e Lukas, 1995; Kaldeberg e al., 1997; Caman, 2000; Sower e al., 2001), sono centrati sull’attività tecnica e gestionale di erogazione del servizio e, quando considerano la comunicazione con gli interessati, la considerano in questo quadro. In realtà però, come la tradizione della governance clinica coglie, le aziende sanitarie sono, al pari di qualunque altra organizzazione, entità dinamiche in rapporto con l’ambiente, con la differenza però che il loro è un ruolo centrale per la vita delle persone che formano l’ambiente umano circostante. Di conseguenza l’interazione con l’ambiente è particolarmente vivace e finisce per essere un ambito in cui si scaricano le contraddizioni delle grandi trasformazioni in atto, legate allo sviluppo dei media, all’erosione della tradizione, al declino dell’autorità, al bisogno e al difetto di life skillls e via dicendo. Il ruolo cruciale dell’interazione azienda sanitaria-ambiente è causa di quality biases, distorsioni che incidono sui processi di qualità. Ad esempio, in fatto di rischio sanitario la percezione degli utenti frequentemente è distorta (per carenza di approccio scientifico, per eccesso consumistico, per effetto dei media, ecc.), il che può provocare un tasso di conflittualità superiore al dovuto, spinge a volte a una medicina difensiva e produce interferenze a catena sulla qualità del servizio. Visto il peso che ha il rapporto con l’ambiente, non si può pensare di fare qualità in un’azienda sanitaria restando nei confini dell’organizzazione: occorre lavorare alla comunicazione esterna, coinvolgere il più possibile tutti gli interessati e farsi carico di uno sviluppo mirato dell’ambiente umano circostante, considerando queste attività parte integrante del lavoro sulla qualità.

• Attenzione alla condizione degli operatori.  In molta letteratura sulla qualità anche gli operatori vengono considerati in maniera piuttosto astratta: si tende a pensare che basti formarli, dare loro vision e mission e inserirli in un clima che mette al centro la qualità per ottenere i risultati. Questo entro certi limiti può valere per le comuni organizzazioni lavorative, ma la realtà è sicuramente diversa nella sanità. Qui si deve fare i conti col fatto che gli operatori si trovano in una condizione difficile, legata alle criticità dei rapporti che intrattengono con i malati e i loro famigliari, con i colleghi, con i dirigenti amministrativi e con il pubblico. Seppure in forme diverse, questi rapporti sono improntati all’ambivalenza e tendono a generare conflitti di ruolo. Il disagio strutturale dell’operatore sanitario è all’origine di strategie difensive e barriere organizzative, che vanno tenute nel debito conto nella realizzazione dei sistemi di qualità, pena l’insuccesso. Per ottenere risultati è necessario procedere con prudenza, prendendo atto dei problemi reali degli operatori e trovando soluzioni praticabili. L’innesto di competenze di psicosociologia delle organizzazioni su quelle in tema di qualità e di governance clinica può favorire l’attenzione agli operatori reali, allo stesso modo in cui l’innesto di conoscenze sulla condizione del malato aiuta a considerare gli utenti reali.

Le linee di azione

Lo sviluppo del sistema di qualità integrato dovrebbe procedere lungo quattro direttrici fondamentali. Le varie attività, seppure con tempi diversi, procedono in parallelo potenziandosi a vicenda. Si tratta infatti di azioni interconnesse, anche se ciascuna è orientata a strutturare una componente del sistema della qualità e si colloca in un ambito specifico, ora più sul versante diagnostico, ora più su quello dell’intervento.

• Analisi della qualità percepita.  Si mettono a punto e si testano strumenti di indagine adeguati. Si cerca poi di creare le condizioni organizzative affinché gli strumenti costruiti vengano regolarmente adoperati e si realizzino un monitoraggio costante della qualità percepita e un costante utilizzo dei risultati a fini di miglioramento.

• Analisi della qualità per obiettivi.  Sebbene sia in voga la pratica di limitarsi alle indagini di customer satisfaction, il monitoraggio della sola qualità percepita è insufficiente, specie nel campo della sanità o comunque quando si tratta di servizi di grande interesse pubblico e di rilevanza etica. La ragione è che qualità percepita e performance dell’organizzazione sanitaria non necessariamente coincidono. Dalle ricerche empiriche che hanno messo a confronto la qualità tecnica effettiva delle cure e la percezione dei pazienti sono risultate a volte concordanze, a volte discrepanze (Kane, 1997; Kaldeberg, 2001). Ancora più importante è forse il fatto che (specie se si va oltre il mero aspetto tecnico e si presta attenzione alla condizione degli operatori e degli utenti) si scopre che erogatori e fruitori del servizio partono da punti di vista diversi per incontrarsi su un terreno condiviso, che in alcuni casi rischia di essere in contrasto con principi etici, sebbene soddisfi le parti in gioco. Si tratta di un tipico fenomeno collusivo riscontrabile nei servizi, che però acquista un rilievo particolare nella sanità, dove può produrre danni significativi per i singoli e per il sistema. Si pensi ad esempio ai casi di medicina difensiva in cui si realizzano accordi collusivi di astensione tra medico e paziente, che a un livello proteggono entrambi, ma a un altro abbassano gli standard sanitari ed espongono entrambi a rischi.

È necessario perciò che un’organizzazione sanitaria, se aspira all’eccellenza, definisca (seppure in modo flessibile) gli obiettivi di qualità che si prefigge, controlli in quale misura li ha raggiunti o se ne è discostata e condivida l’analisi per obiettivi con l’utenza, in maniera realistica e non collusiva. In parte questo vuol dire che l’organizzazione sanitaria si riappropria della funzione di guida nel cammino della salute. Lo fa aiutando se stessa e l’utenza a cogliere ciò di cui gli utenti esterni ed interni hanno realmente bisogno, al di là di ciò che semplicemente a un livello più superficiale desiderano, così da negoziare consapevolmente il da farsi.

Mentre l’analisi della qualità percepita è una goal free evalutation, basata su principi di economia sociale – sul libero mercato, si può dire, delle volontà e delle soddisfazioni – l’analisi di qualità per obiettivi tenta di introdurre una negoziazione sociale responsabile, meditata ed eticamente orientata.

In concreto nell’ambito della qualità per obiettivi la prima cosa da fare è definire gli obiettivi di qualità che ci si prefigge. Definire questi obiettivi è compito principalmente dei responsabili delle unità operative, ma l’attività coinvolge collaboratori, amministrativi, vertice aziendale e, nei limiti del possibile e nelle forme adatte, utenti e altri stakeholders. Si passa poi a strutturare sistemi di verifica periodica della coerenza del servizio con gli obiettivi e di revisione degli obiettivi nel tempo.

• Miglioramento continuo.  In vista del miglioramento continuo un’azione fondamentale è la promozione di una cultura della qualità, come abitualmente si fa nella pratica del Total Quality Management o Continuous Quality Improvement. Diffondendo l’idea che si è tutti impegnati per migliorare la qualità e non semplicemente per fornire prestazioni o per garantire la correttezza dell’operato, si sposta l’asse del coinvolgimento organizzativo dall’estrinseco all’intrinseco, cioè si fa leva sulle motivazioni intrinseche delle persone (curiosità, need for competence, need for achievement, bisogno di affiliazione) convogliandole verso la ricerca dell’eccellenza. Il solo avviare le analisi di qualità, se si ha cura di coinvolgere ampiamente le persone nel lavoro di indagine e di comunicare opportunamente i risultati, dovrebbe favorire un simile cambiamento di cultura organizzativa. Azioni formative, meeting, eventi, pubblicazioni possono rafforzare la convinzione, rendendo molti operatori protagonisti del processo di cambiamento.

Accanto alla promozione della cultura della qualità è necessaria un’attività di Process Re-engineering, di riorganizzazione intelligente e condivisa di specifiche attività. Altrimenti le energie mobilitate dalla cultura del miglioramento continuo rischiano di disperdersi in azioni disordinate, se non controproducenti, e di esaurirsi e provocare delusione dopo una fase di entusiasmo. Per la reingegnerizzazione dei processi si adotta il metodo, ormai sperimentato nella tradizione della governance clinica, dei gruppi multifunzionali di analisi e progettazione: medici, infermieri, altro personale, eventuali medici di medicina generale invitati si riuniscono per analizzare processi lavorativi con l’intento di capire come migliorarli, riprogettarli e verificare l’efficacia della riprogettazione (Wright e Hill, 2003).

Nell’ambito del miglioramento continuo sono indispensabili azioni di sostegno, tese a favorire la cooperazione, l’armonia, il rispetto reciproco e la tranquillità relazionale, l’efficienza del lavoro di team. Se è vero che le analisi di qualità possono stimolare una cultura della qualità, è anche vero che rischiano di far sentire le persone sotto esame, di far nascere tensioni e di produrre un sovraccarico lavorativo che sottrae risorse all’attività corrente e – paradossalmente – allo stesso impegno per la qualità e la governance clinica. Le esperienze condotte in Gran Bretagna con la Commission for Healt Audit and Inspection fanno emergere chiaramente questi rischi (Bevan e Bawden, 2001; Wright e Hill, 2003). In un clima in cui ci si sente a proprio agio, si è sicuri di essere valorizzati e si è in sinergia con gli altri (anziché ostacolarsi come spesso accade) si teme meno di essere giudicati, è più difficile che giudizi e stress provochino tensioni ed è più facile trovare tempo ed energie per attività che si aggiungono alla routine. Così le azioni di miglioramento continuo hanno meno probabilità di risultare controproducenti o di essere presto abbandonate.

• Comunicazione e empowerment degli stakeholders. È importante accompagnare la realizzazione del sistema di qualità con un’attività di comunicazione, tesa a far conoscere, nei modi opportuni, sia all’interno che all’esterno le azioni che via via si compiono. L’attività di comunicazione favorisce l’interdipendenza positiva tra analisi di qualità e miglioramento continuo. Più ci si rende conto dell’investimento in qualità, più si diffonde la cultura della qualità e più stimoli hanno i progetti di reingegnerizzazione creativa. D’altra parte le attività di miglioramento continuo attivano il pensiero degli operatori e possono far nascere idee utili a rendere più efficaci le analisi di qualità.

L’approccio adottato (ecologico e attento alla condizione degli utenti e degli operatori) esige un empowerment dei pazienti, degli operatori interni all’organizzazione o esterni (come i medici di medicina generale) e di altri stakeholders. Si tratta di migliorare la diffusione di informazioni, il coinvolgimento, la partecipazione, la comprensione dei reciproci punti di vista, di fornire consulenza e supporto e di fare azioni di promozione di competenze e abilità utili a fruire al meglio del servizio sanitario (ad esempio, skills di approccio scientifico alla vita o di saggezza o quelle abilità legate al rapporto coi sanitari, ai comportamenti autoprotettivi e di costruzione della salute). Questa parte del lavoro sulla qualità va condotta in collegamento e in sinergia con altri Enti e realtà del territorio competenti, specie scuole e altre agenzie culturali, per cui in parte richiede un’attività di comunicazione istituzionale.

Che cosa abbiamo fatto fino a oggi

Costruzione di strumenti per indagare la qualità percepita. In questi anni abbiamo portato avanti l'Azione 1, di strutturazione del sistema di analisi della qualità percepita. In un primo tempo abbiamo condotto indagini di sfondo, attraverso interviste, focus group e osservazioni in varie realtà aziendali. Abbiamo quindi costruito una batteria di appositi questionari. Abbiamo preferito dotarci di nostri strumenti di rilevazione, anziché servirci di questionari già esistenti. Ne esistono di buoni, la cui affidabilità è già stata testata, come il KQCAH Scale (Key Quality Characteristic Assessment for Hospital) o il PJHQ (Patient Judjements of Hospital Quality). Sebbene ideati per un contesto diverso dal nostro, questi questionari potevano essere adattati a tavolino ed eventualmente sperimentati su piccoli campioni per valutarne preliminarmente la validità nel nostro caso. Tuttavia sono questionari che hanno il difetto di indagare la qualità tecnico-gestionale del servizio dal punto di vista di un astratto utente razionale e di conseguenza non rispondevano al nostro intento di adottare una visione ecologica e attenta alle condizioni reali di utenti e operatori. Inoltre si limitano generalmente a indagare la soddisfazione dei ricoverati, mentre in un’ottica integrata è interessante disporre di strumenti per rilevare anche quella dei famigliari e degli operatori.

I questionari che abbiamo costruito sono metrici, cioè consentono di misurare la percezione della qualità degli utenti che li riempiono. Sono costruiti secondo criteri metodologici che si rifanno alla tecnica di Likert, consolidatisi e affinatisi nella tradizione scientifica in quasi un secolo di sperimentazione e uso. Questi criteri metodologici assicurano risultati relativamente affidabili, che corrispondono piuttosto bene a ciò che chi risponde effettivamente pensa e sente.

I nostri questionari, accanto a una valutazione globale della qualità del servizio, consentono di valutare una serie di dimensioni, cioè di aspetti che le persone valutano e che contribuiscono in diversa misura al guidizio complessivo che si formano.  Nella scelta delle dimensioni abbiamo seguito indicazioni che oggi si possono considerare standard a livello internazionale, facendo attenzione a mantenere il nostro approccio integrato ed ecologico. Le dimensioni sono abbastanza numerose proprio per questo. Alcuni modelli di analisi di qualità, che adoperano solo poche dimensioni, sono limitati. In genere sono modelli "freddi", che partono dal presupposto che l'assistenza sanitaria sia un'attività meccanica. Non tengono conto che il Servizio Sanitario viene erogato da organizzazioni fatte di persone e di relazioni tra persone e che queste organizzazioni operano in un ambiente a sua volta fatto di persone e di relazioni. Oltre che freddi, i modelli con poche dimensioni tendono a non considerare i vari aspetti della Sanità e il rapporto tra organizzazione sanitaria e ambiente sociale e culturale.

Possiamo renderci conto della varietà di dati quantitativi che emergono dalle indagini esaminando i risultati ottenuti in un'unità operativa che svolge attività ambulatoriale e di ricovero.

Come percepiscono la qualità del servizio gli operatori
Come percepiscono la qualità del servizio i ricoverati
Come percepiscono la qualità del servizio gli utenti ambulatoriali

Abbiamo costruito una batteria di questionari perché adoperiamo questionari diversi a seconda dei casi. Ci sono questionari rivolti  agli operatori, dei quali pure rileviamo le percezioni, considerandoli utenti interni del Servizio e persone il cui giudizio è importante nell'ottica del miglioramento. Ci sono poi i questionari rivolti ad altri operatori del'Azienda che usufruiscono di Serviizi. Ad esempio, il laboratorio esegue analisi richieste dai vari reparti e questi sono chiamati a valutare la qualità del servizio che il laboratorio fornisce loro. Ci sono poi i questionari degli utenti finali, dei pazienti, dei famigliari, degli accompagnatori. Sono diversi, perché variano a seconda che si tratti di un ricovero, di un accesso al Pronto Soccorso, di una visita, di un esame radiologico o di altre prestazioni. Anche se variano a seconda delle situazioni, i questionari tendono a misurare le stesse cose. Questo ci permette di confrontare i risultati ottenuti in contesti diversi e arrivare a un quadro aziendale che possa orientarci nello sforzo di migliorare.

I questionari alla fine riportano uno spazio per commenti. Così, accanto all'indagine quantitativa, se ne porta avanti una qualitativa. Questa non ci informa in modo significativo su quel che pensano gli utenti, ma a volte i commenti forniscono spunti per ragionare sui risultati quantitativi e interpretarli.

Rilevazioni della qualità percepita. I diversi questionari sono stati somministrati a utenti interni ed esterni in varie realtà aziendali. In prevalenza le inagini fino ad ora sono state condotte nell'area sanitaria, ma abbiamo già avviato l'analisi della qualità percepita nel settore amministrativo. Al momento disponiamo di dati relativi a cirail 20 % dell'Azienda. Dal momento che la nostra, come in genere le Aziende Sanitarie, è di dimensioni significative, il 20% tutto sommato non è poco. Del resto si è trattato di un avvio, in cui abbiamo anche messo a punto il sistema di rilevazione, come previsto dal piano fatto in origine. 

I risultati fin qui raccolti ci offrono comunque un ritratto rappresentativo dell'Azienda, almeno della componente sanitaria. Questo soprattutto perché abbiamo scelto le realtà dove fare le rilevazioni tenendo conto della struttura dell'Azienda. Così quel 20% circa costituisce in realtà un campione costruito, come si dice tecnicamente, "a quote".

Dalla qualità percepita al miglioramento continuo. Per essere davvero proficue le rilevazioni della qualità percepita devono essere parte integrante del lavoro e dell'impegno per la qualità, non un semplice adempimento formale o qualcosa in più che si va a fare. Come prima cosa occorre che gli operatori le accettino volentieri e le vivano come un momento importante dell'attività lavorativa in cui ricevono feedback utili per far bene, non come un momento di giudizio. Per questo in ogni realtà dove si fanno le rilevazioni il primo passo è incontrare gli operatori per presentare loro il lavoro sulla qualità percepita, condividere senso e utilità di questo lavoro e concordare come procedere nel somministrare i questionari.

Una volta disponibili, i risultati delle rilevazioni vengono redatti in forma ordinata e pubblicabile. Si organizzano poi incontri di restituzione dei risultati con il personale delle realtà dove sono state fatte le rilevazioni, in cui vengono analizzati e discussi assieme a tutti gli operatori di quella realtà. Restituire i risultati è decisivo per promuovere la cultura della qualità e favorire il coinvolgimento degli operatori, ma anche perché chiude il cerchio, consentendo l'instaurarsi di circoli virtuosi.

Esaminare assieme i risultati è importante per interpretarli. Sono dati di qualità percepita, che indicano come le persone percepiscono il servizio, non come realmente è. Una data percezione può essere dovuta a fatti diversi, che vanno ricostruiti con un'analisi attenta di ciò che accade nell'esperienza quotidiana del servizio. La discussione si svolge con l'aiuto di facilitatori esterni, cosa che riduce il rischio di incanalarsi per vie fuorvianti. 

Dall'interpretazione dei risultati si passa ad individuare aree di miglioramento e a immaginare azioni che si possono fare per un servizio più di qualità. Alcune sono azioni semplici, che si possono fare tranquillamente in un reparto, come predisporre un cartello da affiggere in sala d'attesa o un'informativa da dare al paziente che viene dimesso discutendone con lui o con lei. Altre invece sono azioni più complesse, che coinvolgono altre realtà operative dell'azienda o  i vertici. In questi casi si predispone assieme una segnalazione che farà da base per attività di intervento organizzativo che rientrano nell'Azione 3 del Progetto Qualità Integrata. Così le indagini sulla qualità percepita sfociano in un lavoro di miglioramento continuo. 

Quando poi si vanno a ripetere a distanza di tempo le rilevazioni in una stessa realtà operativa, si possono avere indicazioni, seppure indirette, sull'efficacia degli interventi effettuati. Ecco che analisi della qualità percepita e miglioramento continuo finiscono per essere strettamente legati.

Task force della qualità percepita. Abbiamo costituito un gruppo che coordina e supporta le attività della qualità percepita. Ne fanno parte operatori dell'Azienda con profili professionali diversi: medici, psicologi, infermieri, assistenti sociali, personale dell'Ufficio Qualità e Formazione. Sono appositamente formati e hanno competenze di metodologia delle indagini, di qualità nella Sanità, di comunicazione e di conduzione di gruppi di lavoro. 

A turno, di solito due per volta, i componenti del gruppo partecipano come facilitatori agli incontri di presentazione delle attività e poi a quelli di restituzione dei risultati, di interpretazione, discussione e pianificazione degli interventi di miglioramento. Fanno anche azioni di supporto: seguono nel tempo le realtà che, stimolate dai risultati della qualità percepita, avviano azioni di miglioramento e le aiutano a raggiungere gli obiettivi. In alcuni casi assistono nelle attività svolte internamente, ad esempio nella stesura di un'informativa o nella redazione di un cartello. In altri casi fanno da interfaccia con altre realtà e con l'Azienda nel suo complesso, sono cioè di sostegno alla comunicazione interna necessaria per un buon lavoro di qualità integrata.

La task force della qualità percepita è oggi un gruppo abbastanza consolidato ed esperto. L'Azienda può perciò contare su competenze interne per svolgere attività che di solito è difficile portare avanti senza il supporto di consulenti esterni o per lo meno è difficile farle in modo non dilettantistico, a livelli tecnicamente e scientificamente validi e con risultati accettabili e riscontrabili.

Reingegnerizzazione di processi. Adoperando apposite schede sono state raccolte varie segnalazioni di disfunzioni organizzative trasversali a più realtà operative. Segnalazioni sono emerse anche nel corso del lavoro sulla qualità percepita, in particolare negli incontri di restituzione con gli operatori. A partire dalle segnalazioni pervenute abbiamo avviato interventi organizzativi di miglioramento, addentrandoci così nell'Azione 3 del Progetto Qualità Integrata. 

Per alcune azioni di miglioramento abbiamo seguito la via della reingegnerizzazione di processi. Si tratta di una modalità di intervento derivata dal settore delle attività produttive, sicché si parla comunemente di Business Process Re-engineering (BRP). Trasferita nella sanità, ha dato buoni risultati ormai da più di un decennio (Wright e Hill 2003). Consiste nel riprogettare le attività, ripensarle, in modo che risultino più funzionali. Nella sanità è essenziale che il lavoro di riproggettazione venga fatto assieme, con il coinvolgimento delle varie parti interessate e arrivando a condividere quel che si ripensa. Operare così è importante, perché diversamente non si tiene conto delle esigenze che i soggetti in gioco hanno e che li portano ad agire in modi che, combinati, messi assieme, generano le disfunzioni. Non possiamo cercare di pianificare le attività in modo più funzionale ingorando queste esigenze. Dobbiamo cercare di tener conto delle esigenze in gioco e trovare intelligentemente, in modo a volte creativo, vie per salvaguardarle e al tempo stesso far funzionare meglio i processi che attraversano le varie realtà.

Nella Sanità  cercare di conciliare le esigenze delle parti in gioco e l'esigenza organizzativa di migliorare i processi è fondamentale. Le esigenze delle parti in gioco infatti spesso sono legate al senso di responsabilità o all'impegno di chi fa una professione di aiuto. Semplicemente restano in un angolo di visuale che non tiene conto della complessità dell'organizzazione complessiva, cosa però che non si può pretendere dai singoli, può essere solo il risultato di un lavoro collettivo. Del resto anche nel mondo del business oggi si tende a evitare le reingegnerizzazioni che si facevano un tempo, in cui un esperto esterno arrivava, analizzava il processo e lo ridisegnava. Anche lì, seppure per ragioni in parte diverse, questo modo di procedere non funziona bene. 

Tra le reingegnerizzazioni portate avanti una riguarda i tempi degli esami batteriologici, che richiedono di essere sufficientemente brevi, specie in certi casi. Questa reingegnerizzazione è sfociata in istruzioni operative su come comportarsi nell'esame del liquor, esame delicato, dato che di solito si fa nel sospetto di meningoencefalite.

 

Siamo a buon punto con una reingegnerizzazione più ampia e impegnativa, che ha coinvolto chirurgie, ortopedie, anestesie, cardiologie, laboratori, radiologie dei quattro presidi. Qui si è lavorato al problema degli interventi chirurgici programmati e assieme si è trovata una soluzione che consente di evitare la pratica di fare i necessari accertamenti prima dell'intervento ricoverando il paziente: progettare e istituire un Servizio di Prericovero. Col Servizio progettato assieme chi deve sottoporsi a un intervento chirurgico programmato, non urgente, può fare tutti gli accertamenti ambulatoriarmente e senza bisogno di darsi da fare per le prenotazioni e beneficia anche di aiuti ulteriori. Una apposita struttura aziendale si occupa di tutto e lo segue. La nuova pratica è più agevole per il paziente, fa funzionare meglio l'organizzazione e il rapporto tra i reparti, riduce i costi e anche i rischi.

Che cosa ci proponiamo di fare

Qualità per obiettivi. C'è da avviare l'Azione 2, cioè dobbiamo strutturare un sistema di analisi della quailità per obiettivi. Inizialmente può essere elaborato un primo nucleo di definizione degli obiettivi di qualità, partendo eventualmente dalle realtà già impegnate nelle attività di qualità percepita, miglioramento continuo e interventi organizzativi, tra cui le reingegnerizzazioni.

Successivamente può convenire costituire una task force della qualità per obiettivi. un gruppo apposito, formato da persone che operano in diverse funzioni, aree e livelli dell’Azienda, allargando eventualmente la partecipazione all'esterno.

 

Comunicare lo slancio verso la qualità. Il personale va tenuto il più possibile informato delle attività che si vanno svolgendo. A tal fine è forse opportuno costituire un gruppo di lavoro che si incarichi di curare comunicazioni interne ed esterne mirate, composto, accanto a persone che istituzionalmente si occupano di comunicazione, da persone che operano a vari livelli in Azienda e possono portare il loro contributo di idee : una task force della comunicazione sulla qualità.

 

Fare empowerment. Una parte davvero importante del nostro impegno per la qualità riguarda l'empowerment di utenti esterni e cittadini, operatori ospedalieri e del territorio e di stakeholders. L'empowerment è essenziale per migliorare davvero il servizio, rendedolo anche più umano ed eticamente più adeguato. Oggi abbiamo prove consistenti a riguardo. 

Tra l'altro nel caso degli operatori sanitari interni ed esterni aiuta a far funzionare meglio i servizi, favorendo la condivisione tra i vari operatori e l'appropriatezza di richieste e scelte. Anche per la componente amministrativa l'empowerment può facilitare il rapporto con i cittadini e i rapporti interni, specie quelli tra componente sanitaria e amministrativa. Si sa che questo rapporto è uno dei punti deboli dei servizi sanitari, a livello internazionale, non solo da noi e nei nostri sistemi di welfare. Sappiamo anche che per un'Azienda Sanitaria riuscire a migliorare il rapporto tra componente amministrativa e sanitaria può essere una mossa vincente ai fini della qualità.

Il lavoro di empowerment è impegnativo, anche perché costituisce di fatto una nuova frontiera della sanità, nonostante se ne parli da tempo. Il primo passo che ci proponiamo di fare è formare diffusamente gli operatori all'empowerment nella sanità. Si tratta in primo luogo di sensibilizzarli, di fare in modo che prendano coscienza del valore dell'epowerment e di come questa attività si può realizzare e che si sentano coinvolti in questa missione. 

Il passaggio successivo sarà avviare attività di confronto e comunicazione tese all'empowerment. Tra queste ci sarà la messa a punto di testi, filmati e messaggi che informino su patologie, esami diagnostici, azioni di prevenzione e costruzione della salute. Altre attività verteranno sulla comunicazione relativa al modo di rapportarsi alla sanità e di vivere le esperienze dell'assistenza, confrontandosi responsabilmente con gli specialisti e le strutture che erogano i servizi. Il sito aziendale è ovviamente uno strumento fondamentale per questa attività di comunicazione e perciò stiamo già lavorando a rifarlo ripensandolo in una nuova ottica. Anche qui può essere utile costituire una task force dell'empowerment.

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